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Partenariato pubblico-privato in sanità. Il coraggio delle scelte

Articolo pubblicato sulla rivista TEME n. 1/0-2022

Ognuno deve fare il proprio lavoro, non vi è dubbio.

Tuttavia, che in un momento in cui l’Italia deve trovare il modo per investire i 222 miliardi che arriveranno dal Next Generation EU, l’Autorità Nazionale Anticorruzione pubblichi il Comunicato 12/1/2022 con cui stigmatizza il project financing nei servizi, ritenendo che il riconoscimento della prelazione al soggetto promotore porti ad una riduzione della concorrenza nonché a “possibili ricadute negative sulla fase d’esecuzione”, appare quantomeno inopportuno.

Anche perché, come noto, fra il 2022 ed il 2023 lo Stato italiano dovrà scegliere i progetti che vuole finanziare tramite il PNRR correndo il rischio, in caso contrario, di non riuscire ad utilizzare tutti i fondi stanziati entro la scadenza del 2026.

Che il NGEU sia un piano di investimenti senza precedenti non è in discussione, ma è altrettanto vero che non si tratta di finanziamenti “a fondo perduto” ma di contributi erogati a fronte di progetti approvati e monitorati nei vari stati d’avanzamento, per cui necessitano di una capacità progettuale ed esecutiva di tutto rispetto. Ce lo dicono con estrema chiarezza le “Istruzioni Tecniche per la selezione dei progetti PNRR” allegate alla Circolare n. 22 del 14/10/2021 del Ministero dell’Economica e Finanze, in cui è chiarito come i Piani nazionali d’investimento dei fondi di provenienza europei siano “performance based e non di spesa”, con ciò significando che il loro utilizzo non solo dev’essere monitorato (nella sua realizzazione e fino alla completa esecuzione) ma, soprattutto, come detti fondi debbano (e possano) essere unicamente stanziati per finanziare ben precisi e specifici “progetti”.

E non è tutto in quanto, risultando il NGEU un debito assunto dall’intera Unione Europea e finanziato “a debito”, la stessa EU pretende che i contributi erogati servano per investimenti strutturali e non utilizzati per la spesa corrente, allo scopo di rafforzare l’economia e non per coprire disavanzi dei singoli Stati membri.

Se a tutto ciò s’aggiunge un arco temporaneo estremamente breve (2021-2026) entro cui “spendere questi soldi”, ben si comprende come siamo di fronte ad un problema estremamente grave: nei prossimi 5 anni dobbiamo individuare 222 miliardi di progetti innovativi su cui investire!!!

Se dunque il nuovo “piano Marshall” del XXI secolo implica una considerevole capacità progettuale, occorre allora domandarsi se le Pubbliche Amministrazioni italiane posseggano detta capacità, ovvero se siano in grado di redigere progetti, che l’UE finanzia e monitora, in modo da evitare che poi, in caso di loro mancato completamento, ce ne possa venir chiesta la restituzione.

Non si può dimenticare che veniamo da oltre 20 anni di contrazione della spesa pubblica, ovvero da decenni di politiche di contenimento dei costi che hanno visto, non da ultimo, l’adozione di un Codice dei contratti pubblici (D.Lgs.n. 50/2016) basato sulla centralizzazione degli acquisti (per ottenere economie di scala) nonché sulla costituzione di Soggetti aggregatori a cui è assegnato il compito degli approvvigionamenti, svuotando in tal modo le singole P.A. delle capacità e competenze di progettare ‘in proprio’ (se non in casi del tutto eccezionali).

Oggi invece vien chiesto alle Amministrazioni non solo d’immaginare il proprio futuro ma anche di progettarlo, per mettere in campo proposte e soluzioni per investimenti strutturali (per oltre 200 mld.), il tutto peraltro da realizzare in soli 5 anni!!! Se dunque è ragionevole immaginare che le PP.AA. sono impreparate ad un compito così arduo, è altrettanto logico ipotizzare come le stesse amministrazioni si rivolgano al mercato per chiedere ai privati operatori economici di supportarle in questo percorso progettuale, con cui costruire insieme il futuro del Paese.

E’ proprio in questa precisa ottica che si assiste, oramai da qualche mese, all’improvvisa “fortuna” di un istituto del Codice appalti finora quasi del tutto disapplicato, vuoi per una carenza d’investimenti pubblici (oggi invece sovrabbondanti), vuoi altresì per la congenita avversione con cui vien vista la collaborazione fra il pubblico ed il privato.

Parliamo del Partenariato Pubblico Privato di cui al capo IV del D.Lgs.n. 50/2016, che in realtà racchiude in sé molteplici forme di collaborazione fra PP.AA. ed operatori economici, che vanno dalla Concessione di lavori e/o di servizi al Contratto di disponibilità, dalla Finanza di progetto (meglio noto come “Project Financing”) al Baratto amministrativo ecc.

Fra tutte queste modalità “atipiche” di collaborazione pubblico-privato ve ne è tuttavia una che, per le sue particolari caratteristiche, sembra più delle altre adattarsi ai tempi ed alle esigenze sopra rappresentate; ci si riferisce al cd. P.P.P. ad iniziativa privata, disciplinato dal comma 15 dell’art. 183.

Questo particolare istituto si caratterizza per il fatto che la proposta non viene dall’Amministrazione ma dall’operatore economico che, forte di un’idea e/o di un progetto, la sottopone alla P.A. per verificarne l’interesse. Tale proposta dev’essere costituita da un Progetto di fattibilità, una bozza di Convenzione ed un Piano Economico Finanziario asseverato, che l’amministrazione deve valutare nei 3 mesi successivi alla sua presentazione, per esprimere un giudizio di “pubblico interesse” (o meno) della proposta presentata.

In caso affermativo la P.A. farà proprio il progetto, lo inserirà nel Piano di programmazione biennale (per beni e servizi) o triennale (per le opere), per dare poi inizio all’iter concorsuale per l’individuazione del soggetto in grado di realizzare il progetto presentato dal privato promotore. Alla gara, esperita secondo quanto dispone l’art. 182, è prevista poi la possibilità che partecipi anche il Promotore, il quale può godere altresì del diritto di prelazione, ovvero d’aggiudicarsi la gara anche qualora la sua offerta non sia risultata vincente (salvo dover rimborsare all’effettivo vincitore i costi della sua partecipazione).

Diversamente invece, qualora il Promotore decida di non attivare la prelazione, è il vincitore della gara a dover rimborsare al promotore il costo del suo progetto. I vantaggi di questo modalità procedimentale-contrattuale sono molteplici:

  • la P.A. può sopperire alla propria capacità progettuale, ricorrendo agli operatori economici ed alla loro iniziativa ‘senza spendere un soldo;
  • il Promotore è invogliato a predisporre un progetto da sottoporre alla P.A. in quanto, oltre a poter partecipare alla gara esperita per la sua realizzazione, è in ogni caso sicuro di rientrare del costo del progetto, o vincendo la relativa gara oppure vedendosene rimborsato il costo dal suo vincitore;
  • anche gli altri operatori economici possono risultare interessati a partecipare al project financing, in quanto non solo possono concorrere per la sua realizzazione ma, nel contempo, risultano altresì in grado d’acquisire conoscenze e know how messi a disposizione dal promotore nella predisposizione del progetto.

Il P.P.P si caratterizza poi – e distingue dalla concessione, più ancora che dall’appalto – per l’allocazione del cd. “rischio operativo”, che deve obbligatoriamente ricadere in misura maggioritaria sull’operatore economico, con ciò significando che tanto il rischio della domanda quanto quello dell’offerta devono gravare – almeno per il 51% – sul privato, che ha quindi tutto l’interesse a realizzare il servizio in maniera efficace ed efficiente rischiando, in caso contrario di non veder remunerare il proprio investimento.

Se dunque il P.P.P. ad iniziativa privata rappresenta un formidabile strumento per sopperire, da un lato, alla mancata capacità progettuale delle Pubbliche Amministrazioni nonché, dall’altro, a consentire la realizzazione di opere e servizi in tempi estremamente ridotti (e quindi in linea con la tempistica del PNRR), oltre che del tutto efficaci ed efficienti, l’unica cosa che manca è dunque il “coraggio” dell’amministrazione Pubblica ad aprirsi a questa nuova modalità contrattuale.

Per questo motivo l’intervento dell’ANAC – con la Circolare 12/1/2022 – ed il suo monito a garantire comunque la massima concorrenzialità in un PPP ad iniziativa privata certamente non è sbagliato ma non aiuta in quell’opera di sensibilizzazione dei Funzionari pubblici, necessaria invece per superare le ritrosie e far accettare questo appalto innovativo.

Anche perché l’alternativa è che siano le PP.AA. a redigere e presentare progetti per investimenti strutturali, in tempi brevissimi ed accollandosene totalmente il costo. E’ il tempo delle scelte, dunque, e non ci si può tirare indietro, per cui è necessario che ognuno si assuma le proprie responsabilità, in modo da far sì che non valga quel famoso aforisma secondo cui “La rinuncia: l’eroismo della mediocrità” (Natalie Clifford Barney).

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